Quest’anno, il Centro Astalli compie 40 anni. Quarant’anni di impegno al fianco dei rifugiati, di passi concreti ma anche di sogni. Quarant’anni durante i quali la rete del Centro Astalli si è ingrandita e irrobustita, a partire dalla prima sede di Roma fino ad arrivare al tessuto esistente che oggi include, oltre a Roma, Trento, Vicenza, Bologna, Catania, Palermo, Napoli e Padova.
Il comunicato di Centro Astalli in occasione di questo anniversario recita “il senso dell’impegno di questi anni è in un’espressione bellissima che padre Adolfo Nicolás rivolse ai rifugiati che incontrò al Centro Astalli durante una sua visita da Generale della Compagnia di Gesù nel 2016: «Siete un dono». Da testimoni privilegiati del dono che sono i rifugiati, vogliamo condividere la bellezza di incontrarli, conoscerli e camminare con loro.”
E la bellezza fa bene solo se è condivisa. Proprio per questo, per condividere la bellezza e il dono che sono i rifugiati, in occasione di questo anniversario il Centro Astalli ha incontrato il Presidente Mattarella insieme ad alcuni rifugiati.
Una di loro viene da Trento, è Joy Ehikioya, giovane albina proveniente dalla Nigeria che è stata accolta da noi negli anni passati, portandoci il dono della sua presenza e della sua amicizia. E così oggi noi passiamo questo dono a voi che ci leggete, lasciandovi con le parole di Joy per il presidente. Parole che fanno bene a tutti noi.
“Buongiorno Presidente,
sono Joy Ehikioya e sono nera. Non lo direbbe mai guardandomi, perché non ho nemmeno un grammo di melanina nella mia pelle per dimostrarlo. Ma sono nata in Nigeria da genitori neri e sono nera anche io. Fuori per niente, ma dentro tantissimo.
Sono una ragazza che un giorno, in Nigeria, è uscita di casa all’alba per fare una corsetta e si è ritrovata, senza volerlo, in Italia.
Mi chiedono sempre di raccontare quello che è successo in quei 5 mesi, 6 settimane e 2 giorni tra il rapimento e l’approdo a Lampedusa. Non riesco ancora a farlo a cuor leggero, ma Lei può immaginare cosa può subire una diciannovenne nigeriana albina se finisce in mano a spregevoli trafficanti di esseri umani.
In Nigeria e in tanti altri posti nel mondo gli albini sono considerati figli del diavolo che, se sacrificati, portano ricchezza. Le donne poi, per troppi uomini, sono ancora una proprietà di cui fare ciò che si vuole. Una combinazione maledetta.
In un modo doloroso sono arrivata ai confini di questo Paese via mare. Ho vissuto il dramma di quei viaggi disumani sulla mia pelle bianca. Porto e porterò, per tutta la vita, le ferite di quell’esperienza nel mio cuore nero.
Ma io non sono una vittima, sono una sopravvissuta.
Non sono una persona a cui è capitata una disgrazia che purtroppo tanti fratelli e sorelle non possono raccontare, perché giacciono muti e dimenticati sui fondali-cimitero del Mediterraneo, davanti alle coste di un’Europa che troppo spesso si volta dall’altra parte.
Sono una persona a cui è stata data una seconda possibilità. Una preziosa seconda possibilità. E ho deciso di coglierla con l’entusiasmo, il sorriso, la forza e la follia che mi contraddistinguono.
Sono arrivata a Lampedusa nell’estate del 2016 e ricordo pochissimo di quelle settimane di sballottamento tra campi, uffici, impronte e pullman. Sono poi stata trasferita a Trento e la mia fortuna è stata incontrare il Centro Astalli.
Mi hanno accompagnata non solo negli uffici tutte le prime volte che avevo bisogno di capire come fare, ma anche in un percorso che mi ha portato dall’iscrizione alla prima lezione di italiano fino alla laurea che ho conseguito poco più di un mese fa in Comparative, European and International Legal Studies alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento.
Mi hanno aiutato, tutte le volte che avevo bisogno di supporto psicologico, pratico, linguistico, per la ricerca di un lavoro o di un corso di formazione, per socializzare con la comunità locale o semplicemente per “aspettare”. Sa, una persona richiedente asilo aspetta molto, troppo, qualunque cosa, dall’appuntamento in Commissione al permesso di soggiorno. Hanno difeso il mio diritto ad essere riconosciuta in quanto rifugiata e mi hanno difeso dalla paura e dalla rabbia di chi in questi anni difficili ha scelto l’odio o lo ha fomentato.
Oggi ho l’onore di essere qui davanti a Lei, che rappresenta il Paese che mi ha accolta. Vorrei dirle tante cose, vorrei farle tante proposte. Sia per rendere la vita delle persone richiedenti asilo e rifugiate in Italia più dignitosa, come la garanzia di un letto per non dormire in strada al freddo o il diritto allo studio che non può essere collegato al tipo di protezione che ci viene riconosciuta. Sia affinché gli italiani non credano più ai mostri e aprano alla bellezza dell’incontro con l’altro. E so che mi darà occasioni per farlo.
Nel frattempo, continuerò a vivere le mie sfide, che non sono ancora finite. Vorrei che la mia esperienza possa aiutare questo Paese bellissimo, l’Europa e il Mondo a diventare un posto che non ha paura delle diversità.
Grazie.”
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