Alessandra Marchesan, la nostra servizio civilista segue da vicino le situazioni dei giovani lavoratori uomini accolti in alloggi di Semiautonomia. Il progetto è pensato per le persone che, al termine dei progetti di accoglienza ministeriali, sono entrate da poco nel mondo del lavoro e non riescono ancora a sostenere l’affitto di un alloggio privato. Un problema con cui le persone in progetto si trovano a doversi scontrare è inoltre la chiusura sempre più marcata del patrimonio immobiliare trentino verso questa utenza che, talvolta, pur avendo disponibilità economiche, non trova porte aperte.
Come vengono supportate le persone nella ricerca di una casa?
Le persone rifugiate coinvolte nel progetto delle Semiautonomie vivono all’interno di alloggi, per i quali pagano un affitto più basso rispetto a quello del mercato privato. Lo scopo dell’affitto ridotto è dare la possibilità alle persone di mettere qualche risparmio da parte, e allo stesso tempo vuole creare l'abitudine di un’uscita fissa mensile. La durata dei progetti può variare dagli 8 ai 10 mesi.
Attualmente io sto seguendo 4 giovani lavoratori. Li aiuto nella ricerca della casa. Valutiamo insieme annunci su applicazioni, social e siti. Inoltre, come Associazione abbiamo uno sportello per la ricerca casa, dove può venire qualsiasi persona straniera abbia bisogno di aiuto; è pensato anche per coloro che sono fuori da un progetto ministeriale. Talvolta la necessità esplicitata può essere anche quella di comprendere come funziona il contratto di una casa, oppure la provvigione da dare all’agenzia. Lavoriamo molto per lo sviluppo di una consapevolezza che aiuti le persone a comprendere un sistema estremamente complicato. In determinati casi diamo una mano per la partecipazione ai bandi delle case ITEA.
Anche il mondo dell’edilizia pubblica è molto frustrante per le persone straniere, perché la risposta della graduatoria può arrivare anche dopo anni. Inoltre, per accedere all’edilizia pubblica è necessario avere almeno 3 anni di residenza in Trentino, perciò moltə sono tagliatə fuori sin da subito.
Sei tu a contattare le agenzie? O sono le persone in progetto a farlo?
Molti di loro stavano già cercando autonomamente casa, e rispondono da soli a messaggi e contatti. Nella maggior parte dei casi sono io a rispondere agli annunci. Ho cominciato a farlo perché ho visto che quando lo fanno in autonomia i ragazzi rifugiati è quasi inutile. Nessuno risponde, comprese le agenzie. Talvolta ho provato a scrivere alle agenzie come se stessi cercando una casa per me. Nel momento in cui ricevevo una risposta e spiegavo la situazione, il mio ruolo e per chi stavo cercando casa, la maggior parte delle agenzie smetteva di rispondermi. Questo dimostra che anche il filtro di un’operatrice molto spesso non basta. L’unica agenzia che si è dimostrata disponibile a parlare ci ha detto che attualmente non c’è disponibilità, ma che in futuro si potrebbe stabilire un accordo per fare in modo che l’Associazione faccia da garante, ma così equivarrebbe a prolungare il progetto delle Semiautonimie, senza mai avviare la vita autonoma di una persona.
Sono innumerevoli i casi in cui le persone, nonostante abbiano un’indipendenza economica, non riescono a raggiungere un’indipendenza abitativa. C’è una costante discriminazione,
non dichiarata ma comunque percepibile. Nel momento in cui mi trovo con i ragazzi e proviamo a fare delle chiamate insieme, e lascio parlare loro, percepisco dall’altra parte delle risposte secche ed estremamente distaccate, anche in virtù del fatto che magari la persona ha delle difficoltà linguistiche.
E se le persone, uscendo dal progetto di Semiautonomia, non riuscissero a trovare una casa?
Molti di loro entreranno nella rete di connazionali che li ospiteranno, magari su un divano o un letto, in situazioni sovraffollate e precarie. Quando una persona esce dal progetto, ce ne sono altre che necessitano di essere seguite, quindi il tempo non può essere prolungato. Purtroppo durante il tempo della ricerca casa molti dei ragazzi perdono la speranza. Tutto diventa più frustrante.
Attraverso Alessandra, abbiamo avuto la possibilità di incontrare Yigo, un giovane lavoratore che attualmente vive in uno degli alloggi dedicati al progetto di Semiautonomia. Yigo è in Italia dal 2009 e a Trento dal 2021. Fra un mese il tempo del suo progetto sarà finito, e Yigo è attivo ormai da anni nella ricerca di una casa.
Tra una tazza di caffè e un giro nel piccolo orto dell’alloggio, Yigo ci ha raccontato che i ritmi della sua vita si sono fatti sempre più incalzanti quando riusciva a trovare un lavoro ma doveva continuare a dormire per strada. E’ capitato più volte che in un atto di stanchezza insostenibile, si sia sentito costretto a lasciare il lavoro perché, senza avere un letto in cui riposare, non si hanno le energie necessarie per affrontare il resto.
Perché a Trento “è più facile trovare lavoro che casa”. Attualmente Yigo ha un contratto a tempo indeterminato ma un futuro completamente incerto, dettato dai pregiudizi e gli umori del mercato immobiliare trentino. Nonostante l’aiuto costante di volontari, volontarie, operatori e operatrici, in certi casi il diritto all’abitare per le persone migranti viene meno.
Comentarios