"Mi chiedono spesso, per non dire sempre, di raccontare il mio passato, di parlare di quello che è successo in Nigeria, nel terribile viaggio verso la Libia e nel mare al confine di questa Europa. Vogliono sapere della parte brutta della mia vita e poi di oggi, delle violenze orribili e della laurea all'Università degli Studi di Trento per cui mi sono tanto impegnata. Vi assicuro che studiare per l’esame di Economia è stato un vero psicodramma. L’ho rimandato il più possibile sperando che sparisse dal piano di studi, ma poi l’ho dovuto fare lo stesso :)
Vorrei però raccontare a tutti anche quello che sta in mezzo al prima e al dopo.
Quando si arriva a Lampedusa si entra prima in un flipper dove tu sei una pallina impazzita che passa da una parte all’altra senza capire, senza avere il tempo di renderti conto di dove sei, cosa devi fare, con chi devi parlare. Sei un numero, uno qualunque. Un giorno ti dicono stai qui, poi ti dicono di salire su un pullman che ti porta dall’altra parte di un Paese, l’Italia, di cui non avevo praticamente mai sentito parlare. Poi finisci in un campo di accoglienza con tantissime persone, poi in un alloggio più piccolo con persone che non hai scelto e con cui la convivenza non è per niente facile, poi iniziano a darti appuntamenti su appuntamenti con la Commissione che deve analizzare la tua storia, con la questura che ti dà permessi di soggiorno già scaduti (e quindi inutili), con gli uffici pubblici in cui quasi nessuno parla inglese. Carte, carte e carte che rallentano tutto. E poi inizi a sentire la frase 'devi aspettare'.
'Devi aspettare' è la frase che ti dicono tutti a qualunque richiesta: posso avere i documenti? Devi aspettare! Posso andare lì? Devi aspettare! Posso partecipare a questo corso di formazione? Devi aspettare!
In questi tre anni di 'Devi aspettare' c’è stato il Centro Astalli Trento: le operatrici, gli operatori, le volontarie e i volontari che hanno imparato a fare questo mestiere con noi, a spiegarci regole che continuavano a cambiare ogni giorno e che spesso non avevano un senso. Ci hanno provato, ci provano e ci proveranno ancora, credo. Con la possibilità che non sempre si riesce e col fatto che in questi anni c’è stato tanto odio sul tema dei rifugiati. Un odio che ha fatto male a noi, che siamo solo alla ricerca di un po’ di pace, ma anche a loro, che hanno dovuto parare i colpi, rispondere agli attacchi quotidiani, fare i conti con le fake news e i politici che seminano odio solo per aumentare i voti.
Così nei tre anni del 'Devi aspettare' io mi sono piano piano chiusa in me stessa. Se dovevo aspettare tanto valeva aspettare in silenzio. Mi sembra di non aver fatto niente in tre anni, ma se poi ci penso mi rendo conto che è passata tanta vita tra le mie mani.
I tre anni di 'Devi aspettare' hanno trasformato alcuni operatori e volontari in amici e membri della mia nuova famiglia, hanno costruito le basi per la laurea che ho conseguito 10 giorni fa, mi hanno dato la possibilità di fare la mediatrice linguistico-culturale nelle lingue Inglese e Yoruba, di raccontare la mia storia e la mia visione del mondo nelle scuole del Trentino e di parlare con tanti ragazzi, di fare di questo territorio che sto per lasciare la mia seconda casa.
Ora sono pronta ad andare oltre, a lasciarmi alle spalle questo pezzo di passato e a pensare al futuro. Sogno di dare a questo Paese, all’Europa e al Mondo il mio piccolo contributo perché diventi sempre di più un posto che non ha paura delle diversità, ma le accoglie. Non siamo fotocopie, ognuno è diverso, siamo tutti diversi e se così è ci deve essere una ragione.
Mi sento di dire a tutti: aprite le porte alla diversità e vedrete che troverete un pezzo di voi anche in ciò che vi sembra lontano chilometri. E sarà bellissimo!"
Da parte di tutto il Centro Astalli Trento: auguri Dottoressa Joy Ehikioya!
Eravamo, siamo e saremo con te.
Buona strada!
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